Quaresima di Fraternità 2013

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GRAZIE!

Per la missione di Tassia a Nairobi (Kenya), affidata a don Beppe Gobbo e don Mauro Gaino, abbiamo raccolto € 12.228.

Prima domenica

Dell’Africa se ne parla in occasione di guerre, carestie, dittature. Se ci avviciniamo, scopriamo che l’Africa è fatta di persone la cui carne è mescolata di fiducia e desiderio di vita. Vi sono storie di speranza, storie di comunità sostenute da persone di buona volontà, con progetti chiari e collegamenti con il resto del mondo. Durante questa quaresima proveremo ad avvicinare le storie di quegli uomini, donne e bambini che nonostante il disinteresse e la violenza riescono a dare senso a ciò che vivono. Beppe Gobbo, parroco di Riva e Pessione fino a due anni fa, e Mauro Gaino, prete della nostra diocesi, sono ora a Nairobi, in Kenya, e ci raccontano le cose viste dal basso, con gli occhi dei piccoli. Ci invitano a sostenere le storie di vita che ci raccontano, ad accudire e far crescere i germogli di condivisione che possono cambiare l’esistenza di quelle persone che ogni giorno lottano per costruire la loro dignità. In questo tempo di quaresima guarderemo a quel luogo, a quelle donne e a quegli uomini, a quelle possibilità di vita che si aprono anche grazie la presenza dei due sacerdoti torinesi, nella speranza di costruire un ponte ideale, che sappia condurre a Nairobi la nostra attenzione e solidarietà. Guardiamo queste piccole storie, ma con occhi grandi e cuore aperto.

Nel deserto dove le nostre tentazioni di chiusura si odono particolarmente forti, ci sostenga l’armonioso brusio della condivisione.

Al fondo della chiesa trovate il plastico di una baraccopoli e accanto la cassetta dove mettere il vostro segno di solidarietà.

Seconda domenica

A Nairobi, in Kenya, le strade dei quartieri poveri sono larghe non più di due metri e sono fatte di terra argillosa. Questo significa che con le piogge la terra diventa una lingua di sabbie mobili che ti fanno sprofondare fino al ginocchio, e se non hai la fortuna di poterti comprare delle scarpe rischi che ti si infili sotto le unghie dei piedi un verme detto “giga” che porta un’infezione dolorosissima e difficile da curare. A Nairobi è un pullulare di baraccopoli, i cosiddetti “slums”, dove ogni giorno si lotta contro la fame, la sete, la povertà e le malattie. Un inferno di lamiere e immondizia in cui vivono migliaia di poveracci. Anche nei quartieri meno deturpati la vita delle persone è segnata dalla miseria, da servizi sociali ridotti al minimo, da opportunità di lavoro inesistenti, dal degrado delle risorse ambientali e dalla dipendenza perenne da aiuti esterni con il conseguente, radicato, senso di insicurezza. In queste situazioni operano i due preti torinesi, don Beppe e don Mauro. Sono al servizio di una neonata comunità parrocchiale, ma già piena di vita e di slancio. La celebrazione della prima Messa di questa parrocchia è durata tre ore e c’erano più di duemila persone. Le feste lì si celebrano con tutto il tempo necessario! Questa nuova parrocchia manca di molte strutture utili all’accoglienza e all’incontro. Per le riunioni si usano le baracche e la vecchia chiesa in lamiera, mentre i sacerdoti vivono in due aule della scuola elementare.

È bello pensare che una comunità parrocchiale come la nostra possa farsi carico e sostenere una comunità parrocchiale nel sud del mondo: unico popolo di Dio in ricerca, in luoghi diversi, ma uniti nella stessa Chiesa.

Il Dio della bellezza trasfiguri le nostre volontà, dia luce alle ombre che oscurano la nostra capacità di consegnare speranze e di costruire reciprocità: non sul monte e alla fine, ma in pianura e oggi. Al fondo della chiesa trovate il plastico di una baraccopoli e accanto la cassetta dove mettere il vostro segno di solidarietà.

Terza domenica

Scrive don Mauro Gaino: “Nel quartiere di Embakasi dove noi siamo in mezzo ai tanti palazzi di 7-8 piani (ognuno con oltre 200 famiglie!) crescono un po’ alla rinfusa case delle più varie fogge e dimensioni; ovunque c’è un fazzoletto di terra libero ci sono segni dell’inizio di una nuova costruzione. E dove non è possibile costruire in muratura, crescono gli “slums”, dove si ammassano casette e baracche di lamiera in cui vivono coloro che non possono permettersi di pagare un vero affitto. Nella nostra zona di Tassia, di baraccopoli come queste ce ne sono un paio. A Nairobi quasi nessuno ha “tempo da perdere”: chi ha un lavoro deve tenerselo ben stretto e chi non ce l’ha deve cercarne uno e nel frattempo inventarsi come sopravvivere, ma la gente è solare, aperta e positiva, di un fascino strano, che fa venire voglia di incontrarla, di riprovare anche quando va male. È proprio questa gente che ci ha fatto decidere di venire qui. Siamo entrati in punta di piedi, perché la Chiesa locale di Nairobi è già una realtà viva e strutturata, in cui siamo venuti non per insegnare qualcosa ma per condividere un pezzo di cammino e dare il nostro piccolo contributo. La nostra speranza è che questo possa essere uno scambio fruttuoso, non solo per noi due preti, ma anche per le nostre due amate diocesi.”

Torino-Nairobi: c’è un filo rosso che accomuna coloro che fra noi e loro saranno beati perché cercano la giustizia e operano per costruire la pace. Un filo che ci spinge a infrangere barriere per costruire futuro e che ci aiuta a dissodare la terra e a concimare le radici del gratuito e dell’equità.

Al fondo della chiesa trovate il plastico di una baraccopoli e accanto la cassetta dove mettere il vostro segno di solidarietà.

Quarta domenica

Talvolta si sente dire che l’Africa cammina con i piedi delle donne, che le loro mani silenziose e invisibili plasmano il continente africano; tuttavia sono per lo più costrette a restare nell’ombra. Lavoratrici instancabili e vere protagoniste di questo continente soffrono carenze nutrizionali, muoiono per parto, Aids, malaria, tutto questo aggravato dalla fatica dei ritmi di lavoro. Sovente, soprattutto nella savana, lavorano senza retribuzione, senza diritto alla terra, alla proprietà, al credito, all’eredità. Nelle città la mancanza di formazione le ha spinte in massa a lavori di fortuna, spesso in nero: venditrici di frutta e verdura, di acqua, di medicinali più o meno adulterati. Dai pochi spiccioli racimolati ogni sera dipende la vita della famiglia: il minimo indispensabile per sfuggire alla miseria . La loro fede è forte. Don Beppe e don Mauro ci dicono che queste donne vorrebbero imparare a leggere, scrivere e conoscere la Bibbia. Purtroppo, la maggioranza non ha tempo di partecipare agli incontri, poiché tocca a loro provvedere a tutti i bisogni fondamentali della famiglia: lavorare la terra, preparare il cibo, curare i bambini. La positività è una caratteristica innata nelle donne africane, perché riescono ad affrontare qualunque evento difficile con un atteggiamento costruttivo. La loro resistenza si mostra nella capacità di non abbassare mai la guardia di fronte alle sfide.

La loro costanza e la loro premura ci rimandano a quel padre, capace di amare chi se ne è andato e chi resta, senza se e senza ma.

Al fondo della chiesa trovate il plastico di una baraccopoli e accanto la cassetta dove mettere il vostro segno di solidarietà. Grazie

Quinta domenica

Scrive don Mauro Gaino: “Un gruppetto di giovani mi hanno chiesto: “Padre, il sabato sera possiamo trovarci in chiesa con un po’ di amici per affidare a Dio le nostre necessità e preghiere?”. La domenica mattina un bel po’ di persone arriva in chiesa mezz’ora prima della Messa, per pregare. Alla fine della Messa, tanti ci chiedono: “Padre, per favore benedicimi questo rosario”, o un libretto o una Bibbia. “Padre, preghiamo insieme, che Dio mi aiuti in questa ricerca di lavoro” (o in una certa difficoltà, o nella malattia, o nel pagare le tasse della scuola dei figli). A volte può sembrare un modo ingenuo di vivere la fede, ma si tratta di una fede vera, genuina, semplice ma forte, in cui il Signore è davvero sempre presente in mezzo alla realtà della vita quotidiana. C’è il bisogno di toccare con mano questa sua vicinanza, di sentire che - magari in mezzo a tante difficoltà - lui non ti ha abbandonato. In Kenya la fede non è qualcosa di privato o da tenere nascosto, ma un bene da condividere: è naturale pregare insieme. Quando la sera si celebra una Messa nelle case per uno dei piccoli gruppi di cristiani, si invita sempre qualche vicino o amico, anche se fa parte di una delle tante Chiese o sette protestanti. È proprio questa fede gioiosa e tenace, che non si scoraggia in mezzo a tanti problemi, il dono che i cristiani di queste Chiese giovani possono fare a noi “vecchi cristiani”.

È una fede che ci invita a lasciar cadere le pietre che sono nelle nostre mani, pronte a colpire, e renderle mani che offrono, accolgono, stringono, accarezzano: mani benevolenti!

Al fondo della chiesa trovate il plastico di una baraccopoli e accanto la cassetta dove mettere il vostro segno di solidarietà.

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