in missione ...
È stato bello vivere la giornata missionaria leggendo il vangelo del fariseo e del pubblicano. Tante sollecitazioni che mi han fatto pensare. Oltretutto per chi deve commentare il vangelo la domenica scoprire ogni volta che le cose le dici a te per primo fa un gran bene.
Dunque Gesù usa l’esempio di due che vanno al tempio a pregare per mettere in guardia dall’ipocrisia e dalla presunzione di sentirsi giusti.
Punto primo: chi non si sente chiamato in causa? (a parte i soliti vincitori del campionato di senso di colpa).
Punto secondo: che tipo di preghiera è quella che punta a contare quante cose hai fatto e che le va a dire proprio a Dio, pensando che lui si sia distratto e non abbia visto o non ti conosca?
Punto terzo: che c'entra tutta sta roba con la giornata missionaria?
C'entra, c'entra … per il fatto che il cristianesimo è l’uomo – Dio Gesù Cristo che viene a te per risollevarti e di conseguenza chi percorre le strade del mondo o se ne sta nella sua terra per parlare nel suo nome deve fare la stessa cosa … Risollevare, non abbattere. Emblematico il tema dato quest’anno alla giornata: ‘spezzare pane per tutti i popoli’. Il fariseo cosa fa? Invece di spezzare pane spezza la possibilità di comunione che aveva nei confronti di quel suo fratello pubblicano.
Gesù spezza il pane, lo dà ai discepoli con un ordine chiaro: fate questo in memoria di me (già sentite queste parole?). Tu lo fai oggi per dire che Lui è vivo, che si interessa di te … e tu rimani strumento. Importante, necessario, ma strumento. Ecco allora perché non puoi portare in te ‘l’intima presunzione di essere giusto e disprezzare l’altro’(traduci anche con essere indifferente).
Perché il giusto è Lui e la missionarietà è quella forza dirompente che fa conoscere Dio promuovendo la persona, in tutti i suoi aspetti. Rendendo giustizia a coloro che rimangono gli schiacciati della terra e che gridano aiuto ai tanti che possono e vogliono sentirli.
Ciao, don Dario