Grazia su grazia
La Pentecoste completa il tempo pasquale. San Luca la pone sette settimane dopo la Pasqua e dieci giorni dopo l’Ascensione, in concomitanza con la festa ebraica delle settimane (cf. At 2,1). Secondo San Giovanni, invece, l’effusione dello Spirito Santo sui discepoli avviene nel cenacolo, “la sera di quello stesso giorno, il primo della settimana” (Gv 20,19), cioè nel giorno della risurrezione. Per il primo, il dono dello Spirito segna l’inizio della Chiesa, per il secondo è la pienezza della Pasqua, il sigillo della nuova creazione, radicalmente rinnovata dalla risurrezione di Gesù Cristo.
Lo Spirito è il presente di Dio. È il Paraclito, cioè colui che sta dalla nostra parte, ci difende e si prende cura di noi. Ci insegna ogni cosa e ci ricorda cioè che Gesù ha detto(cf. Gv 14,26), cioè ci dà la forza interiore per comprendere e attualizzare la sua parola, rendendola per noi pane di vita e luce sul cammino.
Quando pensiamo allo Spirito Santo, rischiamo di cadere nell’astratto, come se ciò che è immateriale non fosse concreto. In realtà, lo Spirito è il respiro della nostra vita interiore. Neanche il respiro si vede, ma se smettessimo di respirare anche solo per qualche minuto, moriremmo. Così è per la vita cristiana: senza lo Spirito, diventiamo aridi: “Senza la tua forza, nulla è nell’uomo” (sequenza di Pentecoste). Lo Spirito non è un optional, ma colui che ci dona la vita vera.
“Grazia” è la parola che riassume i suoi effetti su di noi: indica qualcosa di grande valore, che non abbiamo meritato e di cui non abbiamo pagato il prezzo. Noi siamo abituati a ritenere che ciò che ci è dato “gratis”, proprio perché non l’abbiamo pagato, valga poco o nulla. Per fortuna – o meglio, per grazia – la logica di Dio è diversa: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano” (1Cor 2,9). Lo Spirito ci viene dato anzitutto con il Battesimo e la Confermazione, ma tutta la vita cristiana è abitata dalla grazia. Potremmo dire che il nostro stesso essere parte della Chiesa è frutto della grazia: “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,16).
Una così grande e immeritata generosità ci sprona alla riconoscenza e ci invita a nostra volta a guardare agli altri con simpatia e disponibilità: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Con i piedi ben saldi a terra, consapevoli dei bisogni di chi ci vive accanto, ci mettiamo in gioco nel mondo con quella fiducia di fondo che nasce dalla certezza che Gesù è veramente risorto e dalla speranza che, insieme alla sua morte, è già stata sconfitta ogni nostra morte, cioè il nostro limite, la nostra fragilità e il peccato.
Don Mauro