La pagina del parroco

Discorso alla funzione votiva della Salve

L’appuntamento annuale della Salve ci offre un’occasione per ritrovarci, per riflettere insieme sulla situazione presente e per riaffidare a Dio, tramite Maria Vergine e Madre, la nostra città.
Quando, quasi cinque secoli fa, a causa della tremenda peste del 1630, Chieri era ridotta allo stremo, fu immediato per i cittadini ricorrere alla Madonna. Allora era spontaneo pensare che, di fronte a una sciagura incontrollabile, quale era per dimensioni e gravità quell’epidemia che stava devastando l’Italia settentrionale, l’unico rimedio efficace fosse affidarsi al Signore. Oggi non è più così: non perché non si creda in Dio, ma più banalmente perché la religione viene intesa come una questione privata, che interessa la coscienza personale di ciascuno, ma è irrilevante rispetto alle scelte politiche, economiche e sociali che caratterizzano la convivenza civile e di fatto determinano i comportamenti pubblici. Potremmo dire che oggi c’è più fede di quanto generalmente si pensi, ma che essa resta relegata nell’ambito individuale.
Eppure questa situazione non può essere accettata acriticamente dai credenti, a partire dalla consapevolezza che la fede non è un mero retaggio di una stagione storica ormai conclusa, ma è capace di parlare ai nostri giorni, illuminando le nostre scelte e ispirando i nostri comportamenti, anche nella dimensione pubblica e sociale. Come osserva Papa Francesco nell’enciclica Lumen fidei, “è urgente recuperare il carattere di luce proprio della fede, perché quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore. La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo” (n. 4). In effetti, continua il Papa, “la fede non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei. Senza un amore affidabile nulla potrebbe tenere veramente uniti gli uomini. La fede fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio, nel suo amore, e così illumina l’arte dell’edificazione, diventando un servizio al bene comune. Sì, la fede è un bene per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l’interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell’aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza” (n. 51). 
Che cosa comporta, in concreto, leggere e interpretare la situazione della nostra città alla luce della fede? Anzitutto, essa ci dà uno sguardo disinteressato, cioè alieno da logiche settarie, dominate dal perseguimento di piccoli interessi di parte. La gravità del momento e l’oggettiva ristrettezza delle risorse impongono a tutti di perseguire senza esitazioni il bene comune, consapevoli che solo la coesione sociale può permetterci di affrontare il momento presente, superandone le difficoltà. In secondo luogo, ci offre uno sguardo appassionato, proprio di chi non si accontenta di vivacchiare né si interessa solo di cose effimere, ma è disposto a pagare di persona, rinunciando anche al proprio vantaggio, in termini di guadagno economico, di affermazione personale o di tranquillità familiare, per spendersi per la città. Infine, ci dona uno sguardo empatico, che non resta indifferente di fronte al disagio di tanti adulti, spesso padri o madri di famiglia, che hanno perso il lavoro e dei giovani condannati a un precariato indefinito e incerto: sono questi i “nuovi poveri” che, sempre più numerosi, bussano alle parrocchie e ai servizi sociali. Un segno di speranza, in questo ambito, è stata la nascita, nel febbraio scorso, del Centro d’ascolto L’incontro, promosso dalle comunità parrocchiali chieresi per cercare risposte nuove e adeguate ai problemi della povertà e del disagio. È peraltro evidente che quest’iniziativa, come altre analoghe sostenute da soggetti privati, non potrà fronteggiare in maniera efficace le richieste sempre più pressanti e numerose, se verrà meno la risposta degli enti pubblici per la parte di loro competenza e, nel contempo, non crescerà in tutta la popolazione l’attenzione a questi temi, di fronte ai quali più nessuno ormai può restare indifferente.
Proprio a partire da tali problemi, che toccano l’intera comunità chierese, deve rafforzarsi la collaborazione fra credenti e non credenti. Solo serrando le file è possibile fronteggiare le difficoltà. Così è stato nella storia millenaria della nostra città, che nei momenti più drammatici ha saputo raccogliersi in unità e rinnovare le proprie energie spirituali. Come cristiani, ci impegniamo a essere una presenza vivace e franca, tesa a focalizzare i problemi reali e ad affrontarli tendendo la mano, in spirito di collaborazione, a ogni uomo e donna di buona volontà.
Anche quest’anno affidiamoci con filiale fiducia alla Madonna delle Grazie, colei che sa ciò di cui abbiamo davvero bisogno e con la vita e la parola ci esorta ad ascoltare il Vangelo del suo figlio Gesù, seme di verità, di bontà e di concordia.
Maria, donna premurosa, insegnaci la passione che ci aiuta a cogliere il mistero che è nell’altro e a porci al suo servizio. Madre amante della vita, preservaci dalla tristezza, dallo sconforto e dal disimpegno. Vergine della tenerezza, aiutaci ad accompagnare le nuove generazioni, perché possano guardare con speranza al futuro e costruire una città in cui ci si sa accogliere, rispettare e sostenere reciprocamente.
 
don mauro
8 settembre 2013

per pregare e meditare...

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