Lettera aperta al nuovo parroco
Caro Confratello, scrivo a te, nuovo parroco del Duomo.
In questo momento, non so chi tu sia: forse è meglio così, perché questo mi provoca a fidarmi maggiormente di Dio e della sua provvidenza. Prima di lasciare la parrocchia, vorrei condividere con te qualche riga sui tredici mesi trascorsi qui, su ciò che ho trovato e che idealmente ti consegno.
La prima cosa che mi ha colpito è stata la bellezza del Duomo: non solo un capolavoro di arte, ma anche la testimonianza della vivacità religiosa della città nel corso dei secoli. Nella casa canonica, troverai una sala con dipinti i medaglioni dei nostri predecessori dal 1300 al 1700. Quei volti ci ricordano che noi siamo ben poco, nulla più di un tassello di una storia che ha radici profonde e che continuerà al di là di noi.
Ma la realtà più bella del Duomo sono le persone: quelle che l’affollano non solo la domenica, ma anche in occasione delle feste della Madonna e dei Santi; quelle che ti si stringeranno attorno, appassionate e premurose, pronte a spendere tempo ed energie per mille iniziative. Molti preti pensano che essere parroco del Duomo sia un compito gravoso. Vorrei tranquillizzarti: a (quasi) tutto provvedono i laici. Eppure, scoprirai presto che non ti lasceranno con le mani in mano, perché ti chiederanno di accompagnarli nella formazione personale e comunitaria, ti proporranno nuove iniziative, si confronteranno apertamente con te su quanto già si fa in parrocchia, spronandoti a migliorarlo. Troverai in Duomo tanti uomini e donne che non hanno altro desiderio che vivere in maniera piena la corresponsabilità nella Chiesa e chiedono solo di essere trattate da persone adulte. Cercano sinceramente Dio, vogliono camminare insieme, non hanno paura di sporcarsi le mani.
Il tesoro più prezioso della parrocchia sono i ragazzi e i giovani. Chi ci ha preceduto ci ha lasciato un’eredità impegnativa, merce rara nelle nostre parrocchie, per lo più frequentate da anziani e bambini. Tu sai quanto sia difficile lavorare in mezzo a loro, perché crescono rapidamente e non si accontentano mai. Ragazzi e giovani ti chiederanno di stare in mezzo a loro incondizionatamente. Io avrei voluto – e forse dovuto – fare di più. Per fortuna, non sarai solo nell’affrontare questa sfida, perché potrai contare sull’impegno di don Giovanni, degli educatori e degli animatori.
Per certi versi, Chieri ha una dimensione ideale: non è un piccolo paese né una grande metropoli. È una città con un senso spiccato della propria identità, dove ci sono le premesse per un lavoro pastorale comune, che vada oltre i campanilismi, senza mortificare le caratteristiche delle distinte comunità parrocchiali. Grazie a Dio, potrai contare sulla collaborazione generosa dei religiosi e delle religiose. Incontrerai persone di buona volontà che, al di là delle etichette confessionali, cercano davvero il bene comune. Troverai anche la povertà, quella tradizionale e quella nuova, fatta di cinquantenni rimasti senza lavoro e di anziani soli. C’è però un tessuto sociale che, se adeguatamente stimolato, è in grado di dare risposte ai bisogni sempre più pressanti.
Caro Confratello, buon cammino! Veglieranno su di te la Madonna delle Grazie, madre potente di ogni bene, e i Santi sacerdoti che a Chieri hanno vissuto e pregato. Io ti passo il testimone: sono certo che non ti risparmierai e che qui ti troverai a casa tua, in famiglia, proprio come mi sono sentito io.
Don Mauro