La pagina del parroco

Domenica delle palme e della passione di Gesù

La gioia dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, scandito dal canto dell’Osanna, diventa ben presto il silenzio penoso presto seguito dal grido “crocifiggilo!”. Nel vangelo secondo Marco, dopo un inizio trionfale della missione di Gesù che è subito attorniato da tanta gente, progressivamente la folla si allontana da lui. Si può dire che Marco descrive nel suo vangelo ciò che avviene in maniera rapida nella settimana santa: osanna… crocifiggilo!
Gesù sa a cosa sta andando incontro e non si tira indietro per essere ubbidiente al Padre fino alla morte.
Presso il monte degli ulivi Gesù manda due discepoli dicendo: “Andate nel villaggio di fronte; entrando troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, rispondete così: “Il Signore ne ha bisogno”. Gesù ha bisogno di un animale pacifico, non atto alla guerra, per presentarsi alla grande città come re di pace che viene in nome di Dio. La sua gloria non è frutto del potere, ma del servizio e del dono totale di sé, tanto che Giovanni parlerà della gloria di Gesù quando è sulla croce.
E’ facile seguire un uomo potente che vende speranza a basso costo. E’ difficile seguire un grande che si annienta per amore. Questa però è la storia, la logica di Dio.
In questa domenica portiamo a casa un ramo di ulivo: è un piccolo segno per ricordare durante tutto l’anno che è grande chi per amore costruisce la pace e ama come Gesù.
GIOVEDI’ SANTO
“Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”. (Gv. 13,4s)
Questo è il passo di vangelo che leggiamo il giovedì santo, giorno dell’istituzione dell’Eucaristia. Giovanni, da testimone e teologo, evidenzia questo gesto di Gesù, non per mettere in ombra l’Eucaristia, ma per ricordare che solo chi ama e si fa servo la può celebrare.
Sono interessanti i verbi di azione usati dall’evangelista: Gesù si alza da tavola: sta seduto a tavola chi si fa servire, chi è ospite, chi è padrone. Gesù, il Signore, si alza per servire! Depone le vesti, cioè rinuncia alla sua dignità, perché sa che la vera grandezza dell’uomo non sta nell’abito, nella divisa, ma nell’essere figlio di Dio.
Si cinge con un asciugamano attorno alla vita: l’evangelista ricorda esclusivamente questo abito liturgico: un asciugamano! E’ un ricordo irriverente? No, perché è il segno del cuore di Dio che si abbassa per amore delle sue creature.
“Cominciò a lavare i piedi”: è il servizio dello schiavo verso il suo padrone. Forse questa annotazione si può leggere anche così: Gesù viene per lavare, per purificare la direzione del nostro cammino che spesso segue vie storte, non orientate dall’amore e all’amore. Quando Pietro capirà, dirà a Gesù: “Signore, non solo i piedi, ma lavami anche le mani e il capo”, come a dire: Signore, non purificare solo il cammino della mia vita, ma anche le mie azioni (mani) e i miei pensieri, troppo diversi dai tuoi. Chi non ha bisogno di essere lavato dalla testa ai piedi?
Tutto questo Gesù lo compie in un contesto di tradimento. Prima lo tradirà Giuda, ma subito dopo lo tradiranno gli altri, lasciandolo solo tra le grida della folla sobillata dai capi e dai sacerdoti e il giudizio menefreghista di Pilato.
Gesù non vuole lasciarci soli, per questo ci fa dono della sua presenza nel pane e nel vino.
VENERDI’ SANTO
“ Non ha apparenza, né bellezza per attirare i nostri sguardi; non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo del dolore che ben conosce il patire… si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori… Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità” (Is. 52). Già il profeta Isaia, molti secoli prima, aveva descritto la fine di Gesù.
Gesù è Dio che muore in croce! Mai nella storia l’uomo aveva immaginato una cosa del genere. D’altra parte come può l’uomo, che è tentato fin dall’inizio di farsi Dio, pensare che Dio si abbassi  tanto da lasciarsi crocifiggere?
S. Giovanni nel suo vangelo è essenziale: “Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il Golgota dove lo crocifissero…  Gesù disse: “E’ compiuto” e chinato il capo consegnò lo spirito” (Gv, 19). S. Giovanni non va nei particolari; è troppo doloroso per lui (unico testimone) ricordare con precisione quella tragedia. Ma non è difficile immaginare quelle ore drammatiche dove la sofferenza fisica è diventata più crudele a causa della sofferenza morale: dov’erano le persone guarite da Gesù? Dov’erano i suoi apostoli che avevano condiviso per tre anni la vita con lui lasciando tutto? Schiaffeggiato, deriso, sputacchiato, coronato di spine, flagellato, svestito, inchiodato alla croce, con la morte che tarda a venire per porre fine a quel supplizio tremendo! C’è un amore più grande?  A morire sulla croce è Dio! C’è mistero più grande?

SABATO SANTO
E’ il giorno del grande silenzio. Gesù è morto e sepolto. La gente deve celebrare la Pasqua. Un esaltato è stato tolto di mezzo. Tutto è finito. La pasqua, memoria della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, attende. La gente non sa che la pasqua è già in atto e che fra poco esploderà; che l’agnello è già stato immolato, ma per risorgere.
Il rito fa dimenticare l’accaduto e uccide, insieme alla vittima, i sentimenti. Intanto Gesù scende negli inferi e va a risvegliare e prendere per mano Adamo ed Eva (l’umanità) per dare loro la vita stessa di Dio. Silenzio, meditazione, contemplazione: è ciò che dobbiamo vivere in questo giorno santo.

per pregare e meditare...

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