Pensieri

La speranza.

aprile '12

Signore,

questa esistenza io l'accetto,

e l'accetto in speranza.

Una speranza che tutto comprende e sopporta,

una speranza che non so mai se la posseggo davvero.

Una speranza  che nasce al mio profondo,

una speranza totale  che non posso sostituire

con angosce inconfessate e cose possedute.

Questa speranza assoluta io me la riconosco e voglio averla:

di essa devo rispondere  come del compito più grande della mia vita.

Io so, Signore,  che essa non è un'utopia,

ma viene da te,  nasce da te e abbraccia tutto

e tutto comprende come promessa che l'umanità arriverà

alla pienezza di vita e ogni uomo potrà davvero

non vergognarsi d'essere uomo.

(Karl Rahner)

Un nuovo stile di vita.

aprile '12

«Erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli, nella comunione dei beni, nello spezzare il pane e nelle preghiere … con gioia» (Atti 2,42-47; 4,32-37)

Homo homini lupus! È più facile vedere un lupo mangiare con l’agnello, che un uomo non mangiare suo fratello! Eppure la descrizione della prima comunità cristiana ispirò i più bei sogni dell’uomo. Libertà, eguaglianza e fraternità entrarono nella cultura grazie a questi testi, ben prima della Rivoluzione francese. Uno stile di vita bello e buono non è utopia, ma realtà che riscatta dalla morte. Mangiare con l’altro invece di mangiare l’altro è l’unica possibilità di vita.

Questa comunità non è un’ideologia nata a tavolino. Succede «per caso», come ogni opera di Dio: inizia nel Cenacolo per paura, il Venerdì santo; si allarga a 120 persone dopo la risurrezione; dopo Pentecoste, visto che la cosa funziona, si articola sulla stessa linea con 4mila persone, in attesa di dilatarsi all’estremità della terra. C’era il modello di Qumram. Ma la radice è più antica: Israele è un popolo di fratelli che vive sull’unica terra, eredità del Padre. Da qui le disposizioni dell’anno giubilare (cfr Lev 25). Il tema di fondo della Bibbia è ricostruire la fraternità: l’uomo riconosce Dio come Padre e diventa suo figlio. È il progetto di Dio. Adamo lo infranse «uccidendo» il Padre e Caino uccidendo il fratello. Caino poi, come Romolo che uccise Remo, fonda la prima città (Gen 4,17). Ogni società si regge sul più forte: chi può uccidere, si impone su tutti, controllando la violenza generale (leggi Gdc 9,1-21). A Gerusalemme cessa lo stare insieme per la morte e inizia lo stare insieme per la vita.

La perseveranza, che resiste a difficoltà e usura del tempo, sostiene questa vita nuova. Eccone i quattro pilastri:

1) Ascoltare l’insegnamento degli apostoli. Gesù non insegnò una dottrina: diceva ciò che faceva. I Vangeli narrano ciò che ha fatto, con sue brevi parole che ne dichiarano il senso. Pure i suoi pochi discorsi sono autobiografici. L’insegnamento degli Apostoli è raccontare Gesù. Lui è il Figlio che, conoscendo l’amore del Padre, ama tutti i fratelli, cominciando dagli esclusi. Ascoltiamo ciò che lui «principiò a fare e dire» (Atti 1,1) per continuare a fare come lui. L’uomo infatti diventa la parola che ascolta. Gesù, il Verbo fatto carne, Figlio del Padre perché fratello di tutti, è la nuova legge (Toràh), la legge di libertà. L’ascolto di questa Parola fonda e costruisce, forma e riforma costantemente la Chiesa, affinché testimoni il Figlio.

2) La comunione dei beni. La Parola crea comunione spirituale e materiale. La comunione di spirito senza quella dei beni è menzogna. La comunione dei beni senza quella di spirito è violenza. L’avidità è idolatria, radice di tutti i mali (Ef 5,5; 1Tm 6,10). Ci divide dal Padre e dai fratelli. Se la divisione è morte, la comunione è vita. La fraternità, necessaria per vivere, è nuova giustizia (Zedaqà), vita stessa di Dio: «Siamo passati da morte a vita perché amiamo i fratelli», non a parole, ma con la verità dei fatti (1Gv 3,14.19). Oggi il minimo di solidarietà richiesta ai ricchi sarebbe pagare le tasse!

3) Spezzare il pane. L’eucaristia, memoriale dell’amore del Signore, è comunione con Dio Padre e con i fratelli, vissuta nella quotidianità. Come Gesù, anche noi «prendiamo tutto» in dono, «benedicendo» Colui che tutto dà e si dà. In quanto amati, anche noi amiamo come il Padre, «spezzando e dando» ad altri. Tramite l’eucaristia noi e il creato intero entriamo nella vita di Dio, amore reciproco tra Padre e Figlio, vita di tutto ciò che esiste. «Questo è il nuovo culto in Spirito e verità (Abodàh). In continuità con Israele, la prima comunità prega anche nel tempio.

4) La gioia. È frutto di amore corrisposto, marchio proprio di Dio. Sostituisce il «digiuno», perché «lo Sposo è con loro».

L'ultima Parola - Silvano Fausti, Gesuita, biblista e scrittore.

© FCSF – Popoli, 1 aprile 2012

Cammini di resurrezione.

aprile '12

In occasione di una recente lettura condivisa della Parola di Dio, ci si è concentrati sulla dimensione spirituale della conversione come invito penitenziale che prepara a rivivere la Pasqua e insieme come pista da seguire per affrontare il tempo di crisi con atteggiamento positivo, evitando il ripiegamento passivo sulla nostalgia dei tempi passati. Anche perché la crisi che attraversiamo dipende proprio da come nel passato sono state privilegiate scelte lontane dalla giustizia e dall’equità.

Anche come credenti si deve avvertire la responsabilità di aver privilegiato preoccupazioni che oggi vanno considerate conservative di un assetto pastorale e istituzionale non più adeguato ai profondi cambiamenti del mondo contemporaneo. La solitudine a cui sono stati lasciati i laici più impegnati, la preoccupazione di difendere l’esistente, il clima di sospetto e spesso di diffidenza con cui si prendevano le distanze dai «lontani», sono tutti fattori che hanno allontanato il popolo di Dio da quella intuizione conciliare del dialogo, della partecipazione, della responsabilità condivisa. C’è stato un vero esodo: non dal mondo, ma dalla Chiesa.

A ogni esodo si può però porre rimedio riformulando la proposta di una comunione nuova e rispondente alla ricchezza che la pluralità e le diversità possono suggerire. La ricaduta anche sociale e culturale che una simile conversione può generare non va solo vista come resurrezione all’interno del mondo cristiano, ma come rinascita di una speranza che investa ogni esperienza umana.

È necessaria una conversione, ispirata dallo Spirito del Risorto, che non fa differenza di persone, di lingue, di culture e di razze. Alla resurrezione di Cristo è seguita la Pentecoste. Con la resurrezione è vinta la morte, con la Pentecoste si rende viva la stessa forza dell’umanità a cui il creatore ha affidato la creazione da salvaguardare e valorizzare per dare compimento alla sua bellezza.

 Fabrizio Valletti - Gesuita della comunità di Scampia (Na)

© FCSF – Popoli, 1 aprile 2012

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