Pensieri

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

giugno '12

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4,26-34)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Corpo e Sangue del Signore.

giugno '12

La vita umana di Gesù (la sua carne e il suo sangue), come testimoniata nei vangeli, è il cibo di cui ogni credente è chiamato a nutrirsi affinché la vita di Gesù viva concretamente in lui. La chiesa è il luogo in cui la concreta umanità di ogni credente (la sua carne e il suo sangue) è chiamata a conformarsi all'umanità di Gesù, alla sua vita. Affinché sia vero che una sola vita, un'unica vita lega il Signore e il suo discepolo. Lì la chiesa si manifesta come luogo dell'alleanza tra il Signore e il credente.

La vita eterna promessa a chi assimila la sua vita (cf. Gv 6,51.54.58), in realtà inizia già qui e ora per il credente. Si tratta di integrare la morte nella vita facendo della vita un atto di donazione di sé, un atto di amore sulle tracce di Gesù (cf. Gv 13,34). Come atto di amore è quello per cui Gesù si dona come cibo e bevanda agli uomini. Come atto di amore è la morte di Gesù, amore che è all'origine della resurrezione e della promessa della vita per sempre con il Signore nel Regno.

Nell'affermazione che Gesù è il pane che non proviene dalla terra ma discende dal cielo e che è destinato a essere mangiato per dare vita agli uomini, si cela il mistero e lo scandalo dello scambio e della comunicazione: per dare vita occorre perdere vita. Ma la vita che perdo in me, la vedo fiorire nell'altro. Per donare agli uomini la vita di Dio, il Figlio di Dio entra nella vita umana, diviene partecipe della carne e del sangue (cf. Eb 2,14) e invita l'uomo allo scambio, alla relazione, alla partecipazione, alla comunione. Invita l'uomo a mangiare la sua carne e il suo sangue, cioè lo invita e lo abilita a partecipare alla sua vita.

Vita di Dio e vita dell'uomo si incontrano nell'amore, nell'agape, cibo che veramente nutre l'uomo e realtà che costituisce la vita di Dio: "Dio è amore" (1Gv 4,8.16). L'Eucaristia è il sacramento della carità, dell'agape, in cui il dono di Dio agli uomini è la piena narrazione del suo amore per loro e la fonte del loro amarsi come Cristo li ha amati. La comunità che nasce dall'Eucaristia è costituita dall'insieme dei "donanti", dei "capaci di dono" perché essi stessi "destinatari di dono", in un circuito di donazione che ha la sua origine nell'alto, da Dio; è formata da "coloro che amano" ("Amatevi gli uni gli altri": Gv 13,34) in quanto essi stessi "amati" ("come io ho amato voi": Gv 13,34).

LUCIANO MANICARDI - Comunità di Bose, Eucaristia e Parola -

Festa della SS. Trinità 2012

giugno '12

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola; il Padre mio lo amerà e verremo a lui, e faremo dimora presso di lui" (Gv 14, 23).

Ci sono tre offerte da parte di Dio all'uomo: il suo Spirito, la sua Presenza, la sua Manifestazione. E, per queste tre offerte, una sola condizione: "Se uno mi ama".

L'anima dell'uomo che accetta di amare Dio diviene un "paradiso in terra", con la presenza reale della Trinità in sé, con l'attività folgorante dello Spirito e con la volontà suprema da parte di Dio "di manifestarsi, cioè di farsi conoscere all'uomo".

Queste tre realtà, meritate dal sangue di Cristo, e realizzate in noi dopo la Pentecoste, investono la nostra anima di una tale grandezza, da superare qualsiasi possibile sogno umano.

Naturalmente, e in primo luogo, investono la nostra preghiera come il naturale rapporto tra la creatura e il Creatore, e danno ad essa qualcosa d'infinito; meglio, di divino.

* * *

Verremo a lui e faremo dimora presso di lui.

È La Trinità che diventa Ospite dell'anima; è la Terra che diventa Cielo.

Perché cercare ancora Iddio al di là delle stelle, quando Lui è così vicino, anzi, dentro di noi?

Il Cielo, questo luogo "celato", non è più una lontananza astronomica, fisica di Lui, nell'universo, ma è una vicinanza amante, intima e così a portata di mano, che ogni luogo diventa buono per parlare con Lui, per stare con Lui, per adorare Lui.

E lo Spirito Santo in noi?

Ecco l'artefice forte e preciso della nostra unione con Dio. È Lui che ci incorpora a Cristo Gesù, Lui che ci insegna che cosa dobbiamo dire al Padre, Lui che ci reca uno Spirito "nuovo", dacché il nostro "vecchio"s'è mostrato incapace e cattivo, Lui che con "gemiti inenarrabili" prega l'Altissimo e dà valore eterno al nostro esile sforzo di bimbi per sollevarci all'altezza di Dio.

  Che dire ancora a me stesso: "Chi m'insegnerà a pregare?", quando ho un simile Maestro al centro del mio essere? Che dubitare della potenza della mia preghiera, quando - pur sì povera e balbuziente - è sostenuta nel suo volo dallo stesso Spirito creatore del cosmo?

  No; non cercherò più me stesso nella preghiera, non mi ripiegherò sul mio povero io, dacché nella mia fede ho scoperto che lo Spirito di Dio s'è diffuso nel mio cuore.

  Ma non basta. La promessa di Gesù parla di una presenza sua, di una attività del suo Spirito, e parla ancora di una "rivelazione".

"Io mi rivelerò a voi".

Rivelarsi l'uno all'altro è il compito dell'amore, che non deve mai finire, nemmeno nell'amore umano, perché sempre deve restare qualche cosa ancora di "misterioso" da scoprire e da conoscere nella persona amata.

(Carlo Carretto)

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