Tutta la comunità

Un anno è come un frammento

ottobre '13

Un anno è come un frammento, una tessera di un puzzle che va ricomposto. Alcune volte è la tessera finale che permette di terminare un quadro, altre volte quella che per le sue caratteristiche, i suoi colori orienta la ricerca.

Un anno è il tempo in cui si sarchia il terreno, si ara, si semina e si incominciano e vedere le possibilità di un buon raccolto.

 

Quando D Mauro è arrivato ha trovato un buon campo, una comunità parrocchiale vivace, organizzata e desiderosa di intraprendere un cammino nuovo accanto a lui. Abbiamo sentito su di noi un tocco leggero, delicato ma profondo.

Sei salito, come tu stesso hai detto, su un “treno in corsa”, senza imprimere cambiamenti di velocità o direzione, ma attentoverso i compagni di viaggio.

 

Abbiamo sentito, accolto ed apprezzato una mano ed un operare solerte, attento e rispettoso.

Questo nuovo anno ci vedeva sicuri che questo cammino sarebbe stato un pascolo fertile e ricco di nuovi frutti.

Ora il pastore, il contadino è stato chiamato a volgere lo sguardo altrove.

Il suo servizio esce dalla dimensione circoscritta di una comunità per occuparsi di orizzonti più vasti.

Ti ringraziamo D Mauro per la tua presenza fraterna. Ti sei messo accanto a noi con discrezione e coltivando l’attesa, l’avvento, hai mostrato di volerci conoscere, volerci bene, condividere i nostri cammini arricchendoli con la tua guida spirituale.

Ti ringraziamo perché hai accettato, in spirito di servizio, di rinunciare al grano maturo, sapendo comunque che quelle spighe ancora verdi sono cresciute anche grazie al tuo lavoro.

Fratelli e sorelle, giovani ed anziani oggi sono qui a dire grazie al Signore per il tempo condiviso insieme, per le fatiche, gli sforzi, le attenzioni e le gioie, per le prospettive che si intravedono in questa nuova alba.

Si aprono nuove strade. I cammini si differenziano ma non si separano

Il Padre che ci vede riuniti qui saprà tessere fili e muovere cuori, affinché le tracce che degli uni e degli altri sono impresse in noi, sappiano costruire insieme un pezzo del suo Regno.

 

La comunità del Duomo

Suor Carmela, il tuo sorriso

luglio '13

Suor Carmela, fedele alla sua missione, inizierà a settembre un nuovo cammino lontano da noi, dai ragazzi che ti hanno amata per anni.

Da una parte la tristezza all’idea di perdere Suor C è davvero tanta, dall’altra c’è la consapevolezza che è giusto che una come lei porti il suo sorriso ad altri fortunati giovani. E noi preghiamo per loro, affinché trovino grazie a lei la bellezza del Vangelo e dell’amare Cristo come abbiamo potuto fare noi.

Grande guida spirituale, appassionata testimone di fede, innamorata dei giovani, Suor C lascia qualcosa in ognuno; lei che con una semplice risata sa trasmettere allegria e dare forza.

Cara Suor C, non possiamo che ringraziarti per il prezioso tempo che ci hai dedicato, per l’anima che hai messo in tutto ciò che hai fatto, per i campi vissuti insieme, per l’estate ragazzi, in cui hai investito tutte le tue energie.

Grazie per l’oratorio, che sulle orme di Don Bosco hai reso il cuore pulsante di questa parrocchia.

Grazie per la tua voce, che ha fatto delle Messe momenti di preghiera coinvolgenti e di grande comunione. In fondo, la Chiesa è proprio questo: poter annunciare che “è più bello insieme”!

In questo periodo di cambiamenti bisogna essere forti e coraggiosi; per questo faremo nostra la frase che tu hai più volte ripetuto quando hai annunciato che il tuo mandato qui era terminato: “Quando sono debole, allora sono forte perché Tu sei la mia forza”.

Non ci resta che augurarti buona fortuna per tutto: sappiamo che, come entusiasta matita nelle mani del Signore, saprai incidere nei cuori di chi incontrerai quello che hai impresso nei nostri.

Un forte abbraccio, a presto!

Chiara, per i giovani del Duomo

 

Suor Carmela Busia, da otto anni impegnata in mezzo ai giovani del Duomo, si trasferisce a Torino. La saluteremo domenica 1° settembre, durante la Messa delle ore 10.30.

La vita cristiana

giugno '13

I cristiani dovrebbero vivere sapendo che si può anche essere perdenti.

È abbastanza comune, oggi, ritenere che la vita sia tanto più riuscita, quanto più è vincente. Anche nell’educazione, si crede spesso di far emergere i giovani e di farli esprimere, nelle loro qualità, mettendoli in concorrenza gli uni con gli altri. Non è così inusuale che venga veicolata l’idea che la vita sia degna di essere vissuta solo se si è primi, qualunque sia il campo cui si applica questa visuale: dalla scuola al lavoro, dagli affetti all’economia. Talvolta, un tale modo di interpretare la vita si interseca, in modo perverso, con l’idea che si è “qualcuno” solo se si appare e si è conosciuti: non importa che cosa si abbia da offrire realmente, quale sia la grandezza dei propri pensieri, la competenza che si è acquisita o la capacità di amare gli altri di cui si è portatori.

I cristiani, che si impegnano perché nessun uomo sia umiliato da un altro uomo, sanno invece che, per parte loro, possono anche venire sconfitti. La loro sapienza li induce a considerare che, anzi, non c’è momento in cui sono più simili al Signore di quello in cui possono essere incompresi, scavalcati, battuti. Da qui deriva la consapevolezza che la violenza non può mai essere la risposta più autentica; neppure davanti alla violenza. I cristiani sanno anche, nella fede, che la parte più vera e più fruttuosa delle nostre esistenze può rimanere nascosta molto a lungo; a volte, per tutta la durata di un’esistenza. Ci sono, infatti, gesti di generosità, sguardi di comprensione e di benevolenza, momenti di preghiera, impegni tenaci… che non cadranno mai sotto i riflettori di alcun mezzo di comunicazione; eppure, sono reali e sono più umanizzanti di tante “veline” mediatiche. Per i credenti in Cristo vale, in definitiva, ciò che diceva san Paolo, qualunque sia la professione che svolgono o il modo concreto di vivere l’esistenza cristiana: «la vostra vita è nascosta con Cristo, in Dio» (Col 3,3).

 

Tratto da: Roberto Repole, “La vita cristiana”, San Paolo 2013, pp. 29-30

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